Luglio 27, 2024

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Il male senza speranza

Ma può esistere il male assoluto, il male senza speranza? Il nostro ordinamento prevede, molto in teoria, che la pena debba rieducare, non solo recludere. Vale per gli adulti, e ancora di più per i ragazzi. In fondo è lo stesso mesaggio di Mare fuori, una fiction, d’accordo, ma con un pensiero forte: il crimine è una strada senza uscita e nessuno, nessuno, neppure un minorenne assassino può essere rinchiuso buttando via la chiave. Gli educatori, e i più avveduti tra i carcerieri, quelli che non smarriscono l’umanità, a questo servono: a dare una possibilità nuova, prima nella mente di questi ragazzi e poi sulla loro strada. È bello crederci, anche perché molte volte funziona.

Ma ci sono anche quelli che non smetteranno di ascoltare i loro demoni. Ancuni sono malati di mente, altri sono crudeli e basta, perché la crudeltà e la ferocia esistono. Erika e Omar uccisero, dissero nelle intercettazioni, per essere liberi, per non avere più l’ingombro di quella madre ossessiva alla quale Omar proprio non andava giù. Si scatenò un “overkilling”, cioè la coazione a uccidere e infierire oltre ogni limite. Gli anni a seguire, come accade nei percorsi di formazione degli esseri umani, per quei due erano però sembrati qualcos’altro. La ragazza forse ha saputo davvero superare l’incommensurabile brutalità di quella sera, costruendo una nuova Erika oltre Erika. Di Omar, invece, la cronaca racconta un salto all’indietro pauroso. Il mare fuori, azzurro oltre le sbarre? Forse. Dentro, però, soltanto l’abisso.