Nel Costa Rica, più precisamente nell’area del delta del Diquís e nell’isola del Caño, vi sono 300 misteriose petrosfere, ossia delle sfere in pietra, chiamate “Las Bolas“. Associate all’ormai estinta cultura Diquís, questi bizzarri reperti sono abbastanza noti nel mondo accademico proprio perché non si conosce quale fosse la loro funzionalità.
Coloro che crearono questi oggetti in pietra iniziarono ad emergere come cultura indigena precolombiana già a partire dal 1500 a.C., intorno alla Valle del fiume Térraba. Qui posero le loro radici ed iniziarono a formare delle piccole comunità agricole, con una struttura sociale tribale molto simile a quella di tante altre civiltà indigene nell’America Latina.
Il vero momento di affermazione arrivò tra il 300 a.C. e l’800 d.C., quando gli insediamenti si espansero, iniziò a vigere un controllo sempre più centrale di un’unica autorità e i commerci con le altre popolazioni aumentarono.
Fu proprio in questa lunga epoca che i Diquís iniziarono a produrre le prime sculture in pietra, tra cui alcuni cilindri, alcuni personaggi della loro tradizione e le “Bolas” stesse.
Tra l’800 e il 1500 si raggiunse il picco dello sviluppo culturale e tecnologico, grazie all’ampliarsi senza freno delle comunità intorno alle sponde del fiume Térraba. Le testimonianze di questo incredibile passo in avanti ci vengono presentate dalla ricerca archeologica, che ha riportato alla luce svariati reperti in oro, ceramica ed ossa, oltre che a sempre più complessi siti sepolcrali.
Anche in questo periodo la produzione delle sfere in pietra del Costa Rica non si fermò e si arrivò a raggiungere forme perfette con persino 2 metri di diametro e un peso massimo di 15 tonnellate.
Come potrete immaginare, quindi, queste figure non potevano di certo passare inosservate nemmeno all’occhio più distratto. Eppure, quando i coloni spagnoli approdarono nelle coste del Costa Rica per conquistarlo, non fecero mai menzione nei loro documenti ufficiali di queste sfere, né tantomeno della presenza di una civiltà sviluppata come quella dei Diquís.
Perafán de Ribera, militare spagnolo e governatore dei territori costaricani dal 1568 fino al 1573, scrisse che gli insediamenti che si credeva di trovare lungo il fiume Térraba erano scomparsi nel nulla.
All’epoca l’uomo suppose che gli abitanti avessero lasciato le loro case perché impauriti dall’avanzata spagnola o che fossero stati sterminati in gran parte da un’epidemia (probabilmente causata dalle decine di nuove malattie che gli europei portarono sul suolo latinoamericano).
Non si seppe più nulla delle sfere fino al 1930, quando, per pura casualità, vennero trovate da una compagnia privata statunitense che si occupava di coltivare banani nella giungle, la United Fruit Company.
Quello che incuriosisce gli studiosi non ha, ancora oggi, una risposta: come riuscì una civiltà del genere a modellare perfettamente una pietra difficile come il gabbro, ossia una grana grossa del basalto? E perché lo fecero?
Per quanto riguarda la prima domanda, ormai quasi tutti gli studiosi concordano con la teoria che vede le sfere originarsi da grandi massi naturali, martellati e poi levigati con la sabbia. Tuttavia, nulla è certo, perché non vi sono evidenze tali per poter confermare quest’ipotesi.
La seconda domanda, invece, ha ricevuto risposte abbastanza eterogenee, che fluiscono tra lo scientifico e la pseudo-scienza, proprio in assenza di prove risalenti a quel periodo scritte dai diretti creatori delle sfere
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